Barbara Frale, storica del Medioevo nota per le sue ricerche sui Templari, nasce a Viterbo il 24 febbraio 1970, dove frequenta l’Università degli Studi della Tuscia-Viterbo. La sua tesi di storia medievale, viene pubblicata dall’editore scientifico Vecchiarelli di Manziana e vince il primo premio per le opere inedite e tesi di laurea “Costantino Pavan” della città di San Donà di Piave. Successivamente collabora per il Museo Civico di Viterbo e la Soprintendenza ai Beni Archivistici del Lazio.

Nel 2000 consegue il dottorato di ricerca in “Storia della società europea”, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Sempre nel 2000, ottiene una borsa di studio dall’Istituto Storico Germanico in Roma. Dall’ottobre 2001 è in servizio come Officiale presso l’Archivio Segreto Vaticano.

In campo letterario, ha curato la consulenza storica per la serie I Medici. Masters of Florence in onda sulla RAI ed è autrice, insieme a Franco Cardini, del saggio La Congiura, sui Pazzi. Per Newton Compton ha pubblicato I sotterranei di Notre-Dame, In nome dei Medici. Il romanzo di Lorenzo il MagnificoCospirazione MediciLa torre maledetta dei templari e il saggio I grandi imperi del Medioevo.

In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo “La torre maledetta dei templari”, abbiamo avuto il piacere di intervistarla.

  • Buongiorno Barbara, innanzitutto grazie per il tempo che hai deciso di dedicare a noi dell’Accademia della scrittura. Permettici di farti subito una domanda in merito alla delicata situazione che l’Italia si sta ritrovando a vivere. Qual è e quale potrebbe e dovrebbe essere, per un’autrice come te, il ruolo socio-culturale verso problematiche di questo genere?

In quanto esperta di storia, posso garantire che il popolo italiano ha affrontato coraggiosamente e superato emergenze di gran lunga peggiori di questa. L’autarchia, o meglio il fare tutto da soli, è uno dei metodi per vivere meglio la crisi fino all’arrivo di tempi migliori. E poi è importante cercare di vedere quali sono i bisogni e i consumi indispensabili, diversi da quelli voluttuari ai quali si è abituati in tempi floridi. Bisogna inoltre pensare che dopo un periodo “nero” viene sempre uno migliore, di ricrescita in tutti i campi.

  • Passiamo ora ad argomenti inerenti al tuo percorso. Innanzitutto, quando e come è nata la tua passione per la scrittura? E quando hai capito che la stessa si sarebbe concretizzata con la pubblicazione di più opere?

La mia passione per la scrittura è una cosa di vecchia data. Risale almeno al 1982, quando alle scuole medie vinsi un concorso letterario per ragazzi. Ho iniziato a scrivere per lavoro, cioè saggi di ricerca storica legati alla mia professione, ma in realtà per vent’anni ho scritto anche molti romanzi storici mai pubblicati.

  • In riferimento al tuo primissimo progetto, quali sono state le tue emozioni quando hai capito che le parole che avevi scritto non sarebbero più state solo tue, ma di tutti?

Il primo romanzo uscito dal mio stretto ambito privato risale al 1995, era ambientato nell’alto medioevo: una storia epica di guerra e di amore. Il mio fidanzato mi fece una bellissima sorpresa: prese il file, lo fece stampare da una tipografia e rilegare con copertina rigida, insomma sembrava uscito da una vera casa editrice… Quel prototipo ha fatto il giro di tutti i nostri amici.

  • I tuoi interessi personali e la tua formazione accademica ti hanno portata ad esplorare meandri più conosciuti o meno della storia e da questa grande passione sono nati i tuoi libri. Com’è scrivere un romanzo di questo genere e secondo te da cosa si differenzia rispetto a quelli di altre categorie?

La differenza tra un romanzo storico nato da documenti originali e gli altri, di qualunque tipo, è che il primo è assolutamente schiavo delle fonti. Non ho detto “dipendente”, ho detto “schiavo”. La storia autentica dirige la vicenda narrata, chi scrive deve solo preoccuparsi di fare in modo che le voci dei personaggi siano rispondenti alle persone vissute secoli fa. Questo origina un racconto dal sapore autentico, ma è ben più difficile che inventare come uno vuole. Lo scrittore non è più autore, ma in qualche modo deve mettersi sotto dettatura della realtà accaduta. E bisogna conoscere a menadito i documenti antichi, ovviamente.

  • Durante la tua carriera letteraria ti sono state mosse anche alcune critiche, come hai reagito in merito? Ti hanno resa più forte come autrice?

Sono gratissima a tutti quelli che mi hanno mosso critiche. In particolare ricordo con molto affetto un episodio, che è stato determinante. Quando uscirono i miei libri sulla Sindone, si verificò un enorme movimento anti-Frale nell’università di Torino, una mobilitazione di studiosi mai vista. A me interessava fino a un certo punto, perché a parte le antipatie personali, so che la cultura vive di polemiche: no discussioni, no progressi culturali. Nel mezzo di questa battaglia intellettuale, mi capitò di incontrare a un convegno Andrea Nicolotti, un ricercatore torinese che era stato velenosissimo nei miei confronti. Siccome la paura non è mai stata una componente del mio carattere, mi sono presentata a lui e gli ho teso la mano perché lo volevo conoscere di persona. Abbiamo discusso in toni abbastanza cordiali e poi lui mi ha detto queste precise parole: “Il tuo unico pregio è che hai una scrittura fantastica”. Forse voleva essere una critica al mio metodo storico, ma in ogni caso, io la presi per un complimento straordinario. Nel tempo, quelle parole lavorarono dentro di me. Alla fine pensai: ma se questa persona che mi attacca in modo durissimo e mi critica a tutto spiano si lascia sfuggire una lode di quella portata, allora magari è vero… Ho voluto verificare in concreto provando ad inviare i miei romanzi storici alle case editrici. Non è andata male.

  • Veniamo ora al tuo ultimo romanzo “La torre maledetta dei Templari” edito da Newton Compton Editori, da cosa è scaturita l’idea di narrare questa storia e come mai hai scelto proprio questo specifico periodo?

La torre maledetta dei Templari è il secondo libro di una saga che dovrebbe, o almeno io lo spero, svolgersi in più libri e coprire l’arco di tempo 1300-1314. Sono gli anni cruciali dello scontro tra il re di Francia Filippo il Bello e papa Bonifacio VIII, e poi dal 1307 entreremo nel vivo dell’attacco ai Templari. Ho iniziato a scrivere l’architettura della saga nel 2010, mentre nel 2018 è uscito il primo libro. Un lavoro di ricerca certosino.

  • Nel romanzo si parla di corruzione, denaro e problemi economici della società del tempo, possono in qualche maniera essere messi in relazione con i giorni nostri, magari aiutandone anche l’interpretazione?

La situazione in cui versava la Francia di re Filippo il Bello è spaventosamente simile a quella italiana degli ultimi anni: uno stato forte, produttivo, industriale, che sarebbe ricco ma è strozzato da agenti stranieri che fanno pressione su di esso. L’attacco ai Templari placò i creditori per alcuni anni e permise alla Francia di evitare la bancarotta. Ma il re avrebbe fatto meglio a scrollarsi di dosso gli stranieri che strangolavano il suo regno.

  • Visto che hai curato la sceneggiatura per la serie “I Medici”, cosa ne pensi se venisse girato un film tratto da “La torre maledetta dei Templari”?

L’idea che la saga possa tramutarsi in una serie, un giorno, mi piace molto. Di ogni libro, fatta per mio gusto personale, ho già anche una sceneggiatura.

  • Pur citandone tantissimi, a partire da Filippo il Bello fino a Dante Alighieri, ci sono dei personaggi a cui, storicamente parlando, ti senti più affezionata o che comunque ti suscitano maggiore interesse?

Il mio personaggio preferito è indubbiamente Arnaldo da Villanova, medico e alchimista geniale, un Leonardo Da Vinci ante litteram. E la giovane Maddalena Caetani, sua allieva, ha molti lati del mio carattere. Anche Filippo il Bello tutto sommato mi piace molto: è un cattivo particolare, con un fortissimo senso del dovere e della giustizia.

  • In conclusione, siamo curiosi di sapere se, visto che una vicenda lascia un non so che di sospeso, è previsto un seguito.

Spero anch’io che ci sia un seguito. Sto lavorando al terzo libro della saga, ambientato nell’estate-autunno del 1302. Dovrebbe intitolarsi “Il labirinto del Louvre”. Vediamo cosa accadrà…

Grazie ancora per il tempo che hai voluto dedicarci. Rimaniamo in attesa dei tuoi futuri progetti letterari. A presto.

Un pensiero su “Barbara Frale: tra scrittura e storia

  1. Andrea Nicolotti dice:

    Vorrei precisare, essendo stato citato in questa intervista, alcune cose. In primo luogo, quello che Barbara Frale chiama “enorme movimento anti-Frale nell’università di Torino” esiste soltanto nella sua fantasia complottista. A Torino, al Dipartimento di Storia, non più di due persone presero posizione, e due persone non costituiscono certamente “una mobilitazione di studiosi mai vista”. Vero è invece che i libri sulla sindone di Frale sono stati fatti a pezzi praticamente da tutti gli studiosi italiani competenti sull’argomento, e persino in Vaticano. La valanga di cattive interpretazioni, errori e manipolazioni dei testi che si trovano in quei volumi è talmente grande che persino i più devoti sostenitori della sindone citano controvoglia quei suoi due libri. In secondo luogo, Frale parla di una mia presunta velenosità nei suoi confronti, forse perché non ricorda bene la altezzosa velenosità che ella stessa metteva in circolo a quei tempi, unendola, quando la si coglieva in castagna, alla tendenza a rivestire i panni della vittima perseguitata dagli altri studiosi (e perché, poi?). Sia per i travisamenti che stanno alla base dei suoi libri, sia per una penosa operazione di autopromozione che ella stessa mise in atto sotto falso nome, meglio farebbe a seguitare nel silenzio su quelle tristi vicende. Quanto invece al mio presunto aver qualificato come “fantastica” la scrittura di Barbara Frale durante un convegno (che convegno non era), preciso che non la ritengo tale. Certamente posso averle detto che l’unico pregio dei suoi libri è l’avere uno stile romanzesco accattivante, cosa che certamente per una scrittrice che si definiva storica non voleva essere un complimento. Ma “fantastico” è ben altro, a mio modesto parere.

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