Negli ultimi giorni questa data è rimbalzata su tutti i maggiori canali di informazione. Per l’Italia, sarà l’inizio di una nuova fase legata al particolare periodo che stiamo vivendo. Qualcuno starà facendo un conto alla rovescia, in attesa di poter finalmente riabbracciare una persona cara, da cui è stato lontano nei mesi passati. Le concessioni date rispetto alla condizione attuale variano in base alle località, però un piccolo passo avanti sembrerebbe esserci, anche se ancora tanto (troppo) deve essere fatto affinché ci si possa riappropriare di quella che era la vita prima che il Covid-19 la condizionasse. I più fortunati, seppur dopo parecchio tempo, potranno riprendere in mano la loro quotidianità. Per altri, purtroppo, nulla sarà più come prima.

Molti italiani ricorderanno la data del 4 maggio 2020. Questo giorno però cela anche un anniversario che tocca gli animi non esclusivamente entro i confini nazionali, ma in tutto il mondo sportivo e non solo. Sono trascorsi 71 anni da quella che è stata la “tragedia di Superga”. Correva l’anno 1949 e l’aereo che trasportava la squadra del Grande Torino si schiantò sulla collina del capoluogo piemontese, dove si erge la Basilica. A bordo c’erano 31 persone tra giocatori, dirigenti, giornalisti e membri dell’equipaggio. Erano le 17:03, il cielo era coperto e il velivolo si apprestava ad atterrare. Ma qualcosa non funzionò, ci fu un forte boato e poi calò un atroce silenzio.

L’Italia era appena uscita sconfitta dal conflitto bellico, con intere città da ricostruire e troppi morti da piangere. Il calcio, come altre discipline, aveva avvicinato non solo i più fervidi appassionati, ma anche tutti coloro che vedevano in una competizione sportiva un modo per risollevarsi, guardare al futuro e distrarsi da una quotidianità in cui l’ombra della guerra era ancora in agguato. In quel tragico incidente a piangere le vittime non sono stati solo le famiglie ed i tifosi, ma una nazione intera scossa da un evento che ha coinvolto tutta l’opinione pubblica.

Ogni 4 maggio, il popolo torinista si riunisce in cima alla collina di Superga, migliaia di tifosi occupano lo spazio agitando bandiere e vestendo maglie granata. Ci sono adulti, mescolati a bambini, anziani e neonati nel passeggino. L’arrivo della squadra genera uno scroscio di applausi e si elevano cori che accompagnano giocatori e dirigenti all’interno della Basilica, dove viene celebrata la Messa commemorativa. Qualcuno entra, altri rimangono fuori in attesa. Piccoli gruppi si avviano già verso la lapide, lì, dove sono marchiati a perenne ricordo i nomi dei caduti. Al termine della funzione, la squadra esce e si fa largo tra i tifosi. Lo spazio è stretto, ma, nonostante la ressa, ognuno contribuisce a fare in modo che il passaggio sia agevole. Quando il gruppo giunge al cospetto della lapide le voci intorno si zittiscono. Le note de “Il silenzio”, suonate da una tromba, introducono il momento più atteso: la lettura dei nomi da parte del Capitano. La sua voce scandisce il tempo in una folla in trepida attesa. Qualcuno piange, la maggior parte ha gli occhi lucidi. Ci sono episodi che, seppur non vissuti in prima persona, riescono a toccare e a scuotere la profondità degli animi. Così è la lettura dei nomi dei caduti, lenta, cadenzata, emozionante, capace di unire, in un tutt’uno, i cuori dei presenti con quelli di coloro che proprio in quel posto hanno smesso di battere. Gli Invincibili continuano a vivere anno dopo anno. Nessuno è mai davvero morto fino a quando c’è qualcuno che parla di lui.

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