“L’artista è un’eccezione: il suo ozio è un lavoro, e il suo lavoro un riposo: è sia elegante che trascurato; indossa, per scelta, la blusa da contadino e impone il frac indossato dall’uomo alla moda; non subisce le leggi: le detta”

Honoré de Balzac

Negli ultimi anni non pochi saranno rimasti sorpresi dell’improbabile connubio instauratosi tra le case di moda, continuamente alla ricerca di nuove strategie di branding ed il mondo dell’arte, avanguardista, sperimentale e provocatorio. Due opposti, in apparenza almeno, che, attraendosi, apportano numerosi vantaggi l’uno all’altra.

Un esempio di quest’unione è stato l’indimenticabile estro di Gianni Versace, stilista innovativo e futurista, che lo vide protagonista prima della sua tragica e prematura scomparsa. Il fashion designer calabrese si ispirava, per le sue collezioni, alle opere e ai colori degli artisti di quel periodo, che traghettava gli anni ’80 verso i ’90. Quelle che per l’epoca furono geniali intuizioni oggi appaiono molto più comuni e meno ambiziose: le maisons, infatti, sembrano volersi fregiare del titolo di nuovi mecenate del mondo artistico, contribuendo con cospicui investimenti anche alla crescita del settore, così da rendere l´arte sempre più fashion. Ma Versace ebbe il merito di sottolineare la reciprocità dell’influenza delle due forme espressive.

“Nella moda non è artista solo chi la crea, ma anche chi la interpreta, cioè chi si porta addosso un certo abito”

Gianni Versace

Dall’incontro tra arte e moda non sono state generate solo nuove idee, ma anche un turbinio di figure, colori e geometrie perfettamente in sintonia tra di loro. Questa contaminazione tra due linguaggi, distanti almeno nella forma, ha permesso a nuovi percorsi di ispirazione di prendere vita. Grazie a questo “mix-match” oggi possiamo ammirare, sulle passerelle, collezioni simili ad opere d’arte o capsule collection in limited edition: i grandi marchi della moda e dello sport si stanno dando battaglia sulla scia dei look e degli accostamenti cromatici più cool e fuori dal comune.

L’arte esce dai musei, dalle gallerie private, le vetrine e i riflettori che non la danneggiano, ma la esaltano. Louis Vuitton e Dr. Martens sono solo alcuni dei brand ad aver dato corpo a questa interessante tendenza. Prima di loro già Yves Saint Laurent aveva preso spunto dall’arte e dalle sue forme: inizialmente affascinato dal neoplasticismo di Piet Mondrian, fu poi catturato dalla pop art di Toma Wesselmann, passando per il cubismo di Picasso e Braque, arrivando fino a Matisse e Van Gogh.

Le influenze artistiche nella moda rappresentano un trend che si sta rinnovando nel tempo, declinate secondo i gusti e le interpretazioni degli stilisti. Le stampe pop di Andy Warhol, ad esempio, hanno ritrovato vita in varie collezioni di Versace o Dior, mentre i motivi religiosi delle chiese siciliane hanno influenzato la produzione di Dolce&Gabbana. Invece Aquilano Rimondi si è lasciato ammaliare dalle donne di Gauguin.

Di stampo più contemporaneo l’influenza (con annessa collaborazione) di Marina Abramović e il marchio Givenchy. Correva l’anno 2015 e nel corso della settimana della moda newyorkese Riccardo Tisci, direttore creativo della maison francese, e l’artista serba si esibirono in una performance d’eccezione lungo un molo sull’Hudson River. L’evento, eccezionalmente aperto a tutti, rappresentò uno spettacolo in termini stilistici e si elevò come un messaggio di apertura e dialogo tra culture tanto diverse e provate, soprattutto a seguito degli accadimenti dell’11 settembre 2001 che, in quel frangente, volevano essere ricordati.

E mentre le case di moda “aiutano” le persone a rappresentare loro stesse con l’abbigliamento giusto, l’arte è l’espressione prima dell’Io dell’artista. Ad entrambe va riconosciuta una natura temporanea, dettata dai contesti sociali che le plasmano e condizionano a loro uso e piacimento. Basti ad esempio ricordare i primi pantaloni, negli anni ‘50/’60, sdoganati da Chanel e Saint Laurent: furono l’esempio dell’emancipazione femminile, come la minigonna di Mary Quant rappresentò la ribellione al perbenismo. E ancora il jeans, nato come indumento da lavoro, che ha solcato le passerelle in numerose varianti ed è stato rappresentato da artisti o usato per molte riproduzioni. Inizialmente casual, gode ora di una seconda giovinezza che lo vuole spesso protagonista di parecchie collezioni (o comunque presente in esse) con risvolti a volte geniali.

Molti sono i sodalizi che si potrebbero ancora annoverare ma, se da una parte l’elemento creativo ed estetico permette una facile contaminazione tra arte e moda, troviamo anche un rovescio della medaglia. La moda persegue comunque e prevalentemente fini utilitaristici ed economici, l’arte invece è uno sfogo creativo, comunicativo ed emozionale. Andy Warhol ha in qualche modo sfatato questa considerazione, dimostrando come il mondo artistico possa fondersi con l’utilitarismo, il capitalismo e l’economia (non perdendo comunque di vista quelli che sono i suoi messaggi di unicità, genialità e follia). Ma non a tutti è noto come il suo genio artistico nasca proprio con la moda (precisamente come disegnatore e pubblicitario) e sia stato solo in seguito prestato all’ambito artistico, traendo profitto e fama da entrambi.

 

 

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