Influencer, politici, sportivi, attori, ma anche celebri scrittori pressati da scadenze sempre più strette, da un mercato sempre più esigente e dalla continua necessità commerciale di sfornare una pubblicazione dopo l’altra. O, semplicemente, persone comuni che scelgono di affidarsi a una o più mani esterne per stendere su carta la propria idea nel cassetto. Chi si nasconde davvero dietro allo scheletro di una pubblicazione che, in copertina, reca “solo” il nome di un autore?
Chi è il ghostwriter
Di ghostwriting si parla da tantissimi anni: non è certo una scoperta recente. I ghostwriter esistono da ben prima che nascessero le librerie e la rete, e non operano solo nel campo editoriale: basti pensare a quelle figure di “suggeritori” che hanno sempre lavorato nell’ombra di un personaggio famoso della politica o dello spettacolo, scrivendo discorsi e interventi di vario genere o firmando articoli per conto di nomi prestigiosi.
Se, però, un tempo il ghost era il dirty little secret degli editori, oggi è una figura universalmente riconosciuta e sempre più alla ribalta. Da una parte perché è una professione che fa gola ai professionisti che desiderano vivere di scrittura, dall’altra proprio perché sempre più figure sotto i riflettori vedono il libro stampato come parte integrante del proprio processo di marketing.
Secondo la ghostwriter Teena Lyons, circa il 50% della non-fiction è opera di un ghost, mentre se guardiamo ai libri scritti da “VIP” la percentuale sale al 100%. I ghost, quindi, non hanno più alcun motivo per nascondersi.
A cosa serve un ghostwriter?
Il compito del ghostwriter è quello di trasformare una storia in un prodotto commercialmente appetibile. È infatti l’aspetto commerciale quello sul quale occorre focalizzarsi: è innegabile, ormai, che ci sia una democratizzazione esagerata dello storytelling. L’editoria è più accessibile (c’è il mondo del digitale, del self publishing, e ormai chiunque può buttarsi sul mercato senza passare per una casa editrice) e i social hanno eliminato ogni filtro nella creazione dei contenuti; sono sempre di più, inoltre, le figure che “brandizzano” loro stesse, ovvero creano un “marchio persona” e che desiderano raccontare la propria storia. Per raccontare una storia, tuttavia, è necessario rivolgersi a un professionista del settore.
Al ghost sta dare al pubblico esattamente ciò che si aspetta: non un prodotto di scarso valore, ma un libro in grado di inserirsi molto consapevolmente all’interno del mercato editoriale e non. In questo senso, il ghost deve essere una persona molto preparata sui trend e su ciò che interessa alle persone in un dato momento storico e in un dato contesto sociale.
Come nasce la collaborazione con il ghostwriter?
Di solito è una casa editrice a dar vita alla collaborazione, chiedendo direttamente alla personalità celebre o all’autore di turno il “permesso” di pubblicare un libro a suo nome affiancandogli un ghost. Scegliere il giusto ghost per molti editori fa parte, ormai, del normale processo creativo. Avere un bravo ghost spesso assicura anche agli occhi del pubblico che la qualità del libro è alta, perché sappiamo tutti che colui che “ci mette la faccia” e la persona che scrive svolgono due ruoli professionali differenti. Che, quando insieme funzionano bene, creano un vero e proprio team vincente (cosa che non accade se, per esempio, il soggetto è un autore che subisce la presenza del ghost come un limite alla propria creatività).
Nel caso di autori “non-VIP”, invece, è chi desidera pubblicare il proprio libro ma non ha i mezzi tecnici per farlo a cercare direttamente un ghost con cui collaborare, solitamente in rete o attraverso i service editoriali.
Anche l’Accademia della scrittura, tra le altre cose, offre un servizio di ghostwriting.
Quali sono le qualità di un ghost?
È utilissimo avere un ghost non solo perché è un professionista della scrittura, ma anche perché costituisce una prospettiva esterna, una figura che, guardando una storia da fuori, è in grado di darle una struttura narrativa. Per essere un ghost, infatti, non basta “saper scrivere”. L’autore e il ghostwriter sono due cose completamente diverse.
Un ghost deve “prestare la voce” a un’altra persona, perciò è indispensabile che sia innanzitutto versatile e adattabile. Per molti essere un ghost è come essere un attore, per recitare, interpretare diversi ruoli ogni volta. Ecco perché il ghost deve essere una specie di confidente, e avere quindi delle capacità relazionali molto spiccate per poter entrare in sintonia con il soggetto. Il ghost, in questo senso, è un po’ schizofrenico: passa molto tempo da solo di fronte a un computer, ma è tutt’altro che una figura solitaria. Deve essere interessato alle persone e alle loro storie e deve avere la capacità di ascoltarle e capirle. È inoltre un ottimo osservatore: per il ghost tutto parla, ogni dettaglio che spesso il soggetto stesso non reputa rilevante.
Il ghost deve poi essere in grado di sospendere il giudizio. È sempre difficile essere del tutto neutrali, ma è importante lasciar “parlare i fatti”, in modo da esprimere onestà nei confronti del soggetto e dei lettori. Infine, un buon ghost deve essere una persona flessibile e paziente, e ispirare fiducia: spesso avrà a che fare con personalità spiccate, con soggetti che faticano a collaborare, o che non hanno molto tempo da dedicare al progetto.
Come lavora un ghost?
Una volta scelto un ghost, è fondamentale che scatti una certa empatia con il soggetto. Se non ci sono i presupposti a livello umano, è matematicamente impossibile ottenere un risultato valido. Durante il un brefing iniziale con il soggetto, il ghost deve capire che tipo di libro vogliono quest’ultimo e la casa editrice e soprattutto quali sono i potenziali lettori. Questo punto è fondamentale, perché intorno al target si articoleranno poi tutte le scelte del ghost, dallo stile alla struttura, al lessico e così via.
Bisogna poi definire lo scopo che si vuole raggiungere e capire se l’autore ha già del materiale o meno: sulla base di questo si potrà capire quanto lavoro sarà richiesto e quali saranno il budget e i tempi di realizzazione. Un ghost molto bravo può arrivare a scrivere anche 4 libri all’anno (si contano circa 80.000-100.000 parole), quindi la tempistica è importantissima. Spesso nel caso dei VIP è ancora più rilevante, perché in un mondo dello spettacolo dove le meteore sono sempre più diffuse ed è fondamentale cogliere al volo i trend.
Lo studio del soggetto
Per il ghost, poi, inizia la fase dello studio del soggetto, che parte da una serie di interviste. Alcuni ghost definiscono questa fase “gem-hunting”, ovvero “caccia al tesoro”: una sorta di caccia agli spunti che nel caso delle biografie, per esempio, agisce anche sul comportamento del soggetto, sul suo atteggiamento, sul suo modo di porsi e sul suo ambiente. Ecco perché molti ghost preferiscono svolgere queste interviste negli spazi privati del soggetto, in modo da avere un’esperienza immersiva nel suo mondo e captare qualsiasi dettaglio rilevante.
Creare una struttura prima di scrivere, poi, è fondamentale, perché molti soggetti escono facilmente dal seminato, non hanno idea di cosa possa funzionare o meno in una storia, oppure avere poco da dire; in questo senso al ghost spetta un’attività maieutica, che aiuti il soggetto a formulare ciò che occorre a una potenziale storia vincente. Una volta raccolto il materiale, il ghost può entrare meglio nella psicologia del soggetto e “annullarsi” per dargli voce e farla rientrare in un prodotto editorialmente valido e accattivante.
Le prospettive del ghost
Il mondo della comunicazione ha sempre più bisogno di professionisti che creino contenuti. Non c’è più, come un tempo, una divisione netta tra i diversi media: oggi le informazioni ci raggiungono in ogni momento della nostra quotidianità, e il libro rientra anch’esso in un calderone comunicativo di cui si fa parte integrante come oggetto di marketing.
E i ghost, in un mondo in cui i contenuti si moltiplicano a vista d’occhio, sono sempre più numerosi. Ed è quindi sempre più diffusa la volontà di farli uscire dall’ombra: con il cambiamento del modo di comunicare, per i ghost non solo si sono moltiplicate le opportunità di lavoro, ma anche le possibilità di farsi conoscere e di far capire a tutti che la professionalità fa la differenza.