Louise Glück, premio Nobel per la letteratura 2020, è una poetessa americana di origini ebreo ungheresi, molto apprezzata in patria, ma poco conosciuta oltre oceano. In Italia sono state pubblicate solo due delle sue raccolte: L’iris selvatico (Giano, 2003) e Averno (Dante & Decartes, 2019) di cui, dopo la nomina al Nobel, sono state vendute più di settemila copie. Le sue opere compaiono anche nelle antologie West of Your Cities (Minimum fax, 2003) e Nuovi poeti americani (Einaudi, 2006).
Dall’individuale all’universale
Louise Glück ha pubblicato dodici opere in cinquant’anni di carriera, rientrando in quella che viene definita la corrente letteraria del confessionalismo. Nelle sue poesie, infatti, predomina l’esperienza autobiografica, affrontata con uno stile scarno, suggestivo e schietto che a volte risuona come una sentenza ineluttabile. Le esperienze vissute, però, sono solo un punto di partenza, da cui poi l’autrice si distacca per passare su un piano più universale: i traumi, le sofferenze, la malattia e i lutti, che hanno costellato la sua vita, sono una condizione comune a tutta l’umanità.
Di grande impatto sulla produzione poetica della Glück è stato il suo incontro con l’anoressia, di cui è riuscita a rielaborare il messaggio grazie all’aiuto della terapia psicoanalitica, uno strumento che le ha permesso di affinare la sua sensibilità e di guardare alla realtà in modo rivoluzionario.
La natura come simbolo del ciclo inesorabile di vita-morte-rinascita
Il silenzio e l’isolamento sono ingredienti fondamentali per rigenerare e dare spazio alla sua vena creativa. La lontananza voluta dalla “civiltà” ha permesso all’autrice di immergersi nella natura, governata da una legge crudele e inarrestabile, a cui anche l’uomo è destinato a soccombere. Si tratta della dialettica fra vita, morte e rinascita, fra luce e buio, creazione e distruzione, gioia e dolore, presenza e assenza.
La costante universale di cui la Glück scrive è, dunque, il cambiamento, protagonista dei suo versi brevi, frammentati e in cui compaiono parole ripetute ossessivamente, ma senza fronzoli. L’obiettivo è quello di dare ritmo alle parole, di far entrare il lettore in un vortice di immagini e non quello di guarnire il poema di fronzoli stilistici. L’essenzialità nervosa delle sue poesie è volutamente ricercata anche con la quasi totale assenza di rime a fine verso, sostituite dalla pausa ritmica dell’enjambement.
La mitologia e la cultura classiche: un’eredità materna
Di grande importanza, nella vita di Louise Glück, è stato il rapporto con la madre. Fu lei, infatti, a trasmetterle la passione per la mitologia, l’arte e la cultura classiche, in particolare per le figure femminili non convenzionali, come Didone, Euridice e Persefone. A tal proposito, emblematiche sono le raccolte Il trionfo di Achille del 1985 e Ararat del 1990 con un chiaro riferimento alla Genesi. Entrambe nascono dal vissuto di una tragedia e di un lutto: la perdita della casa nel Vermont, distrutta da un incendio e la morte del padre. Nel 2004, sempre sulla scia del mito greco, la Glück pubblica un lungo poema dedicato alla tragedia delle Torri Gemelle. Molto apprezzato è stato anche il poema Vita Nova del 1999 dedicato a Dante.
In un panorama in cui le donne rivendicano il loro potere e la loro capacità di “fare la differenza” è doveroso approfondire la conoscenza di Louise Glück, poetessa contemporanea le cui opere sono un invito alla vera e unica rivoluzione che l’umanità può mettere in atto: quella dell’anima.