Hai appena finito di leggere un libro magnifico (o, meglio ancora, ne hai scritto uno proprio tu). Ha successo, e presto schizza in cima alle classifiche. Lo hanno letto tutti, è sulla bocca di tutti, e finalmente succede: una casa di produzione cinematografica ne acquista i diritti, e si prepara a farlo diventare un film.
Un sogno, vero?
E non finisce qui! Incredibilmente, l’autore del romanzo è coinvolto nella produzione, e i fan ripongono in lui grandi aspettative per il risultato finale, che dovrà essere in tutto e per tutto simile al libro.
Ma questo dipende solo dal grado di controllo creativo che è riuscito a negoziare.
Dal libro al film
Si parla di controllo creativo (o artistico) in ambito televisivo, cinematografico e musicale: chi detiene il controllo creativo è la persona che ha autorità nel decidere come apparirà il prodotto finale.
Quando si prende un libro per trasformarlo in un altro prodotto mediatico, che sia un film o una serie, ad avere l’ultima parola è solitamente il regista, il produttore (o la casa di produzione) o, in caso di televisione, lo showrunner.
È possibile, però, che alcuni autori riescano a ottenere una posizione nel team che si occupa di stendere la sceneggiatura, e anche a negoziare un certo livello di controllo creativo.
L’ultima parola
Avere voce in capitolo su come apparirà il prodotto finale significa che questo rispecchierà la visione di chi detiene il controllo creativo: che l’autore di un romanzo abbia l’ultima parola sulla sceneggiatura che ne viene tratta significa, di solito, che il risultato della produzione sarà simile al libro di partenza.
A meno che la visione della regia e della produzione siano in perfetta sintonia con quella dello scrittore, infatti, non è raro che un prodotto per il grande o per il piccolo schermo diverga dalla fonte d’ispirazione originale (scatenando, a volte, l’ira dei fan).
Trattandosi di una forma di “potere” stabilita per contratto, è molto personale e varia di opera in opera: non è mai facile capire il livello di controllo creativo che un autore detiene sull’adattamento. Ci sono dei casi, però, che vale la pena analizzare, per avere un’idea più chiara di come funzioni il controllo creativo.
Casi studio
-
L’amica geniale, di Elena Ferrante
Chi è Elena Ferrante? Sembra incredibile, ma ad oggi è una domanda che rimane senza risposta.
Pseudonimo dietro il quale si cela una persona misteriosa, nonostante l’anonimato sembra che l’autrice (o autore, forse?) detenga un certo livello di controllo creativo sulle sue opere: è stata lei, infatti, a indicare Saverio Costanzo come possibile regista della serie televisiva tratta dalla tetralogia de L’amica geniale (2011, edizioni E/O), prodotta da HBO.
Sebbene non fosse ufficialmente coinvolta nella produzione, ufficiosamente non è mancato un suo contributo alla riuscita di questa serie.
Infatti, nella fase di post-produzione aveva la possibilità di commentare via mail le sceneggiature indicando che cosa approvasse e che cosa non condividesse, e ha espresso la richiesta che per il cast delle bambine venissero valutate anche attrici non protagoniste, cosa che ha reso possibile la scelta delle due formidabili protagoniste.
-
Cronache del ghiaccio e del fuoco, di George R. R. Martin
Questa saga fantasy ha ispirato gli autori David Benioff e D. B. Weiss a creare la serie televisiva Il Trono di Spade, prodotta da HBO e trasmessa tra il 2011 e il 2019.
La particolarità? La storia raccontata nei libri non è ancora conclusa (siamo a cinque volumi, contro i sette previsti dallo scrittore), mentre la serie tv è ufficialmente terminata, dopo otto stagioni, con un finale inventato dagli showrunner stessi.
Benioff e Weiss idearono Il Trono di Spade nel 2006, dopo aver letto il primo libro della serie e dopo aver convinto l’autore del romanzo in un incontro durato cinque ore.
Martin, infatti, aveva già rifiutato diverse richieste di adattamento cinematografico della sua saga, convinto che nessun film potesse racchiuderla tutta.
Colpito dai due sceneggiatori (e probabilmente dall’idea di una serie televisiva) ha accettato di lasciare che la trasposizione avesse luogo, partecipando attivamente alla sua produzione. È stato lui stesso a selezionare parte del team (i titoli di testa durante la sigla lo riportano, infatti, come produttore esecutivo). Inoltre riportano la sua firma ben quattro episodi, uno per ognuna delle prime quattro stagioni.
Fin da subito, Martin ha espresso un parere molto positivo sulla performance degli attori e sulla riuscita della serie, almeno fino alla quinta stagione: si è poi dichiarato sorpreso della volontà di Beinoff e Weiss di proseguire la storia in autonomia, senza avere del materiale su cui basarsi, com’era stato fatto fino a quel punto.
Pur rimanendo un sostenitore della serie, non è più stato coinvolto nella produzione dalla quinta stagione in avanti e ha dichiarato che il finale che abbiamo visto in tv non corrisponde a quello che vedremo nei libri, tutt’ora in fase di scrittura.
L’autore dei romanzi, dunque, ha avuto un certo livello di controllo creativo ufficiale sulla serie, sebbene l’ultima parola spettasse ai due showrunner.
-
Shining, di Stephen King
Pubblicato nel 1977, uno dei romanzi più conosciuti del prolifico autore, viene scelto per la trasposizione in un lungometraggio nel 1980 dal regista Stanley Kubrick, all’apice della sua carriera.
Dopo una chiacchierata iniziale in cui sembrava che i due condividessero la stessa visione per la pellicola, si stabilì che King non avrebbe preso parte alla produzione: non deteneva, quindi, nessun controllo creativo.
Nonostante questo, prima delle riprese, quando seppe che Jack Nicholson era stato scelto per interpretare la parte del protagonista Jack Torrance, suggerì a Kubrick di scegliere un attore meno “peculiare”, in modo che la sua rapida discesa nella pazzia non risultasse prevedibile: la sua richiesta non venne approvata.
Una volta uscito nelle sale, il film riscosse un buon successo, ma l’autore del romanzo si mostrò critico fin dall’inizio, esprimendo addirittura un parere negativo rispetto all’adattamento.
In particolare, non condivise le scelte di caratterizzazione del protagonista e la poca attenzione data ai problemi legati all’alcolismo e alla violenza domestica; allo stesso tempo, commentò la mancata comprensione di Kubrick delle forze oscure che governavano l’Overlook Hotel, location principale della storia, rendendo Jack il mostro invece dell’Hotel stesso.
Il regista non rispose mai pubblicamente a queste critiche; il film è considerato, oggi, non solo uno dei suoi capolavori, ma uno dei capolavori del cinema in generale.
In questo caso, Stanley Kubrick deteneva sulla pellicola il totale controllo creativo.
La visione finale
Non è tutto rose e fiori, dunque, per quegli scrittori che decidono di cedere i diritti della propria opera per trarne un film o una serie televisiva: il risultato potrebbe essere totalmente in linea con la loro visione o potrebbe allontanarsene parecchio.
Tutto dipende da chi detiene il controllo creativo del nuovo prodotto e, nel caso in cui un autore vi rinunci del tutto, l’unica speranza dei lettori e dei fan è che chiunque prenda in mano l’opera iniziale condivida il loro punto di vista e i loro desideri.