Termine inglese che ormai utilizziamo in italiano nel linguaggio comune, tra i diversi significati di target c’è quello di “bersaglio”. È una parola che troviamo soprattutto in ambito di business, legato quindi al mondo della compravendita: indica il tipo di pubblico a cui un prodotto è indirizzato, ovvero il possibile acquirente. E in editoria è lo stesso.

Un libro, infatti, può parlare di qualunque argomento, dal più generico al più specifico, ma quello che cambia sostanzialmente la forma che prende il testo è il target di riferimento, cioè la persona per cui quel libro è stato scritto.

Così, da un lato possiamo avere un volume cartonato con simpatiche illustrazioni di cani e gatti, sotto le quali poche righe ne descrivono l’aspetto e le abitudini – dall’altro lato può esistere un dettagliato saggio di etologia che analizza in modo approfondito il comportamento di quei mammiferi cosiddetti “da compagnia”.

Sempre di animali si parla, giusto?

Conoscere il target

È fondamentale, quindi, avere ben chiaro fin dall’inizio per chi si sta scrivendo. Stabilirlo può sembrare difficile, e non mentirò: a volte lo è.

Come abbiamo visto nell’articolo “Come Harry Potter è diventato un classico”, un libro può richiamare un pubblico variegato. Più questo gruppo è vario, più il libro stesso si avvicina alla definizione di “classico”. Nessuno, però, può negare che la saga di Harry Potter sia nata come una serie di libri per bambini. Con l’avanzare della storia, il target è cambiato, e con la crescita dei personaggi è cambiato anche il tipo di lettore.

È altrettanto chiaro che titoli come “Shogun” di James Clavell, romanzo storico ambientato nel Giappone medievale, o “I love shopping” di Sophie Kinsella, chicklit umoristico con un’esilarante protagonista, abbiano target diversi fra loro. Qui entrano in gioco fattori come il genere, l’età, il background socio-economico, che vanno a determinare il tipo di lettori per cui un libro è scritto e che lo andrà ad acquistare.

Nota bene: sono certa dell’esistenza di persone che non si soffermano su una specifica branca della letteratura, e che invece spaziano tra i vari generi. Io sono una di loro. Questo non contraddice, però, il fatto che la grande maggioranza dei libri sia scritta con uno specifico pubblico in mente, e che conoscere fin dall’inizio il target per cui si scrive sia una strategia vincente.

Questo argomento è valido, tra l’altro, in qualunque ambito. In questo blog mi concentro su quella parte del mondo dell’editoria legato al romanzo, ma la scrittura è presente in moltissimi altri contesti, come il giornalismo, il cinema, i videogiochi, la pubblicità, eccetera. In ognuno di questi, chi scrive ha sempre in mente il fruitore finale, perché questo incide su vari aspetti.

Quali sono gli indicatori?

Nella stesura di un testo, i fattori essenziali nella definizione del target sono il tono, il lessico e il registro.

  • Tono: è l’atteggiamento con cui il narratore si pone nei confronti del lettore, o i personaggi si pongono nei confronti di altri personaggi. Non deve suscitare emozioni, ma deve rivelare la personalità dell’interlocutore. Il tono, quindi, può essere sarcastico, ottimista, speranzoso, allegro, cinico, neutro, e così via. È dato dalla scelta delle parole utilizzate e dal modo in cui vengono posizionate a formare una precisa sintassi.

Potrei quindi dire:

“Spesso i cani e i gatti non vanno molto d’accordo, perché con i movimenti del corpo parlano due lingue diverse!”;

oppure:

“Figuriamoci se un cane e un gatto possono andare d’accordo, quando un movimento della coda dice una cosa per uno, e tutto l’opposto per l’altro”.

Dalle due frasi traiamo la stessa informazione, ma i toni usati sono sostanzialmente diversi.

  • Lessico: è il vocabolario che si sceglie di utilizzare, e che quindi il lettore è in grado di comprendere. Ad esempio, prova a suddividere i lettori per età: quando si scrive per bambini di prima elementare, è necessario utilizzare un lessico semplice, o prevedere la spiegazione di termini più complessi; se si scrive per un pubblico adulto, è bene tenere a mente la generazione di cui idealmente fanno parte, per individuare le parole più adatte a esprimersi; scrivendo di adolescenti per gli adolescenti, è importante conoscere i modi di dire del momento tra i giovani.
  • Registro: è dato dalle variabili del contesto in cui il soggetto si esprime, quindi dalle circostanze. Basti pensare alla differenza tra il parlato e lo scritto: la stessa persona può utilizzare registri molto diversi! Il registro, quindi, può essere solenne, informale, alto, volgare, e così via.

Un emerito scienziato adotterà un certo registro presso la facoltà in cui tiene una lezione, ma ne userà uno diverso a casa sua, nei confronti di sua mamma.

Un tono allegro, un lessico semplice e un registro formale possono essere adatti a un libro divulgativo per bambini; un tono cinico, un lessico immediato e un registro informale possono essere adatti a un romanzo di avventura on the road con un target maschile e giovane, un tono sarcastico, un lessico confidenziale e un registro informale possono essere adatti a un target femminile… le combinazioni possibili sono infinite!

Il lettore ideale

Nella pratica, al concepimento di un testo bisognerebbe chiedersi: a chi è indirizzato questo libro? Chi potrebbe apprezzare al meglio ciò che scrivo? In sostanza, chi è il lettore ideale?

Anche se può sembrare limitante, in realtà dare una risposta a questa domanda permette di scrivere con maggiore consapevolezza: imbrigliare le idee verso un unico obbiettivo è sicuramente utile a ottimizzarne il flusso.

 

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