Quale voce senti mentre leggi nella mente? Scommetto che non è la tua. Sono certa che sia la voce di qualcun altro, diversa ogni volta, adatta alla copertina, al titolo, al genere. È una voce che ti fa subito entrare nell’atmosfera del libro, che ti fa sentire .

Quello che senti nella tua testa è il narratore. Fin dalle prime parole, lui e il lettore instaurano un legame di fiducia reciproca: uno racconterà la storia, e l’altro la ascolterà.

Il narratore, infatti, racconta gli avvenimenti di un certo fatto, e lo fa in maniera che il fruitore ne venga attratto. È un non-personaggio di cui conosci la voce ma non il volto, oppure è qualcuno che ha vissuto la storia sulla sua pelle e vuole tramandare la sua esperienza. È il mezzo con cui l’autore riesce a mettersi in contatto con il lettore, è l’intermediario che cerca di toccare la mente del lettore a distanza di chilometri e perfino di secoli.

Dunque, è tanto il cosa quanto il come a essere importante, nella narrazione.

Alcuni tecnicismi

Abbiamo già parlato della voce dei personaggi, individuando quattro aspetti fondamentali che la caratterizzano:

  • il tono, l’atteggiamento con cui il narratore si pone nei confronti del lettore.
  • il lessico, il vocabolario che si sceglie di utilizzare.
  • il registro, dato dalle circostanze in cui il soggetto si esprime.
  • il ritmo, la velocità e/o la lentezza con cui ci si esprime.

Dallo stesso articolo:

 La narrazione stessa ha un ritmo attentamente cadenzato dall’autore. A volte veloce, a volte lento, ottenuto con l’alternanza di scene descrittive, di dialogo e di azione, l’obbiettivo è quello di creare l’equilibrio ideale che induca il lettore a rimanere incollato alla pagina.

Per capire quale voce è più adatta a ciascun narratore, dobbiamo prima prendere in considerazione le diverse tipologie. Il narratore di un testo, infatti, può essere:

  • onnisciente, cioè che tutto sa: conosce la situazione del presente, passato e futuro, la psicologia dei personaggi, i loro pensieri, il perché delle loro azioni.
  • nascosto, che racconta in terza persona le situazioni narrate, ed evita di dare pareri personali o interpretazioni.
  • esterno alla storia, (“eterodiegetico”) non è coinvolto nella trama e si limita a raccontarla. Il narratore esterno può essere onnisciente.
  • interno alla storia, (“omodiegetico”) cioè un personaggio che vive la vicenda, di solito il protagonista.

All’interno di uno stesso testo il narratore può adottare diversi punti di vista e, in tal caso, si parla di:

  • focalizzazione zero, dove il narratore è esterno, eterodiegetico e onnisciente; in tal caso lo spettatore è messo nelle condizioni di dominare tutta la narrazione, essendo informato di tutto in quanto conosce i pensieri dei personaggi e si trova in più posti diversi contemporaneamente.
  • focalizzazione interna, quando il narratore adotta un punto di vista simile a quello che può avere un personaggio che conosce solo determinate vicende e non tutti i pensieri dei suoi coprotagonisti.
  • focalizzazione esterna, ovvero quando il narratore adotta un punto di vista esterno e ne sa meno dei personaggi stessi riguardo a una determinata vicenda, tipico del romanzo in cui l’ingrediente principale è la suspense.

Chi è che ascolta?

Contemporaneamente al capire chi è che narra un dato racconto, bisogna anche chiedersi chi è che lo ascolta: in base a questa risposta, la voce del narratore può cambiare nettamente. E non parlo del target, cioè a chi è destinata la storia, ma del vero e proprio ascoltatore, colui o colei che si siede sul tappeto accanto al fuoco in una sera d’inverno e vuole essere intrattenuto.

Potresti essere tu, caro lettore, come nel caso di questo articolo. O potrebbe trattarsi di un personaggio con cui il narratore condivide la carrozza di un treno, e che accetta volentieri di ascoltare il racconto di una vita intera da parte del suo loquace compagno di viaggio.

Narratore o autore?

Se da una parte abbiamo un autore che getta dentro al testo un sé immaginario, dall’altra abbiamo un lettore che immagina chi sta raccontando il testo che ha generato. Il punto d’incontro tra i due è appunto il narratore.

Dunque, il narratore non deve essere confuso con la persona reale dell’autore, il quale affida al narratore il compito di raccontare la vicenda. L’autore può essere del tutto estraneo alla storia, mentre il narratore è uno dei soggetti della storia stessa. Potremmo dire che ciascun autore, nel momento in cui lavora a un testo, proietta dentro quel testo un’immagine di sé: immagine che però è differente da ciò che l’autore è.

Il narratore è quindi un prodotto dall’autore creato fino a un certo punto consapevolmente, e da un certo punto in poi inconsapevolmente.

Quindi perché l’autore e il narratore vanno considerate come due entità separate?

Risponde lo scrittore Giulio Mozzi:

Perché pensando al Narratore, a questa soggettività imprendibile che determina tante cose nel mio testo, in realtà io penso al lettore. Penso a quell’altra soggettività che – in chi sa quale luogo, in chi sa quale tempo – attraverso il testo cercherà di arrivare fino a me, di arrivare a toccarmi. Non ci riuscirà, naturalmente, perché io sono qui, in questo luogo e in questo tempo, e mi sto muovendo, e per restare me stesso sto continuamente cambiando: ma riuscirà, invece, se sarò stato abbastanza bravo, a toccare con l’immaginazione il Narratore che ho donato al testo, e che ho lasciato si infilasse nel testo proprio perché, a distanza di tempo, in luoghi dove mai non sarò, possa abbracciare l’immaginazione del Lettore.

 Prova a individuare la voce del narratore in ogni libro che leggi: studiane le caratteristiche, il tono, il ritmo. Poi scegli la voce del tuo narratore, quella che meglio si adatta al tuo manoscritto.

Non sai da dove cominciare? Scrivi a info@accademiadellascrittura.it, lavoreremo insieme per trovare la voce migliore!

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