L’antefatto (dal latino ante, cioè “prima”, e factum, cioè “accaduto”) è lo stato delle cose da cui prende spunto l’episodio iniziale di una storia, e che è rilevante per la storia stessa. Precede l’inizio dell’intreccio, ed è utile per riassumere a caratteri generali alcuni aspetti necessari alla comprensione del racconto come luogo, tempo e personaggi.
Teatro antico
Nel teatro antico, tradizionalmente, lo spettatore viene messo al corrente dell’antefatto, perché lo spettacolo gli appaia comprensibile, tramite una scena iniziale in cui un attore (o il capocomico, il regista, il presentatore…) descrive la realtà dei fatti da cui la scena ha inizio.
Teatro moderno
Il teatro moderno spesso rompe gli schemi, non rispettando più la continuità temporale dell’azione, e tende a escogitare stratagemmi, come l’alterazione della luce scenica o del tono recitativo, per rappresentare l’antefatto nel corso dell’opera, e non esclusivamente al principio.
Nel cinema
Anche nel cinema si usa la rievocazione del passato per mostrare l’antefatto della vicenda modificando il tono, o addirittura l’estetica, della narrazione: è il caso del flashback.
Pensa, ad esempio, a quando il protagonista rievoca la sua infanzia con scene dai toni caldi (luce morbida del sole pomeridiano, cielo limpido, aria aperta) in caso di situazioni positive e toni freddi (pioggia, cielo cupo, una stanza piccola e spoglia) per situazioni negative.
In letteratura
In letteratura l’antefatto ha lo stesso scopo che negli altri mezzi narrativi: presentare le circostanze generali e la situazione iniziale che precede la trama vera e propria.
Una finestra sul passato
Data la maggiore elasticità rispetto al cinema e al teatro (e a qualunque altro mezzo audiovisivo), la scrittura permette di mostrare al lettore l’antefatto in diversi modi, adatti a diverse esigenze.
Principalmente, ciò che è successo prima può essere mostrato attraverso:
- Il prologo
- Il flashback
- Il dialogo
È importante trovare ragioni plausibili e coerenti per esporre l’antefatto, e scegliere l’espediente più adatto, così che il lettore possa capire meglio la situazione o empatizzare con i personaggi, per poi proseguire a sbrogliare l’intreccio della trama.
Il prologo
Il prologo è uno strumento per introdurre il lettore all’interno del mondo della storia senza interagire direttamente con la storia stessa.
Viene posto prima del testo vero e proprio, come se fosse un’introduzione. Serve per fornire una chiave di lettura del testo.
Ad esempio, può mostrare il “dove e quando” generale, lasciando poi il compito di scendere nel particolare all’intreccio vero e proprio. Il prologo descrittivo è utile per stabilire immediatamente le condizioni del tempo e del luogo in cui si deve immergere il lettore.
Per fare un esempio, chi di noi non conosce la frase: “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”.
Nel caso di un prologo attivo, invece, vengono mostrati dei fatti relativi all’intreccio in modo diretto.
Però attenzione: il prologo non deve essere strettamente legato alla trama principale, ma “sfiorarla” solamente. Potrebbe riguardare, ad esempio, un avvenimento che rappresenta la scintilla che fa esplodere l’incendio, e grazie a cui la trama viene messa in moto.
Due esempi:
Il prologo della trilogia Il Signore degli Anelli di Tolkien è un misto tra i due: da un lato vengono descritti il mondo in cui si svolge la vicenda e le creature che lo popolano; dall’altro, riassumendo il libro Lo hobbit, spiega i fatti che hanno portato Bilbo a possedere l’Anello del potere, che verrà poi passato a Frodo… dando inizio alla storia.
Alcune precisazioni:
Il prologo non è affatto necessario, né tantomeno obbligatorio.
Se il dove e il quando è ambientato il racconto possono essere indicati direttamente nel testo, devono essere indicati direttamente nel testo.
Se l’evento che scatena l’intreccio è strettamente legato al protagonista, deve essere mostrato nei primissimi capitoli.
Il prologo è utile solo se la storia è così complicata da meritare una spiegazione preliminare, che faciliti la comprensione del testo (a livello storico, ambientale e socioculturale).
Se c’è la possibilità di comunicare ogni dettaglio dell’antefatto all’interno della narrazione, tramite i dialoghi e i flashback, allora il prologo è totalmente inutile.
Il flashback
Come abbiamo visto in questo articolo, il termine flashback (o, in italiano, analessi) indica un espediente narrativo che serve a raccontare avvenimenti che precedono il punto raggiunto dalla storia.
In un testo, quando l’autore vuole spiegare qualcosa avvenuto in tempo passato rispetto a quello narrativo nel brano, può scegliere di interrompere la narrazione nel tempo presente e di retrocedere, raccontando così eventi passati.
Può farlo sia attraverso il narratore che attraverso i ricordi o le reminiscenze di uno dei personaggi, che diventa narratore egli stesso.
I flashback possono essere utilizzati, quindi, anche per esporre un antefatto, ovvero un fatto accaduto prima dell’inizio della sequenza di eventi che corrisponde alla storia primaria.
Possono essere usati per colmare lacune nelle informazioni che si hanno: ad esempio, potremmo trovare un flashback sulle origini di un personaggio, mostrando al lettore gli elementi-chiave che lo hanno reso la persona che è al momento della storia.
A volte, però, questo espediente viene utilizzato per confondere il lettore o predisporre un colpo di scena, dando informazioni contrastanti con ciò che sappiamo dell’ambiente, del tempo o dei personaggi. In questo modo si crea suspense, spingendo a proseguire la lettura per scoprire il motivo dell’inserimento di quei flashback.
Anche in questo caso, è fondamentale ricordare che i flashback non sono una necessità, ma vanno inseriti solo ed esclusivamente se funzionali alla trama.
Il dialogo
Capita a tutti di raccontare episodi del nostro passato.
È un modo per legare con le persone attraverso esperienze simili o condivise, o può servire per spiegare il proprio comportamento attuale alla luce di fatti accaduti in precedenza.
Nella letteratura l’uso del dialogo è l’espediente più utile e fluido per esporre un antefatto, ma anche, forse, quello più insidioso.
Al contrario del prologo e dei flashback, difficilmente un testo narrativo può fare a meno dei dialoghi. Certo, esistono romanzi composti esclusivamente da esposizione e altri formati quasi del tutto da dialoghi, ma il giusto equilibrio per rendere godibile e scorrevole un racconto sta, come spesso accade, nel mezzo.
Senza scambi di battute tra personaggi il romanzo sarebbe solo un monologo del narratore, che racconta la vicenda dal suo punto di vista, senza interferenze dalla vita reale, dal presente.
I dialoghi permettono di conoscere e capire anche i personaggi di cui non stiamo seguendo il punto di vista, e tra le informazioni che possiamo recepire ci sono anche quelle relative all’antefatto.
Con la loro voce, e personaggi riflettono, discutono e contribuiscono a svelare qualcosa della storia, ma anche a fare chiarezza su alcuni eventi, sia che stiano accadendo al momento della storia, sia che siano avvenuti nel passato.
Perché, allora, possono risultare insidiosi?
Perché creare un dialogo abbastanza lungo da fornire tutte le informazioni necessarie senza farlo diventare il monologo di un personaggio non è affatto semplice. Volendo esporre un antefatto, le trappole in cui si rischia di incappare sono:
- la monotonia: quando le frasi da esporre sono più di una, può capitare che chi parla perda il suo caratteristico tono di voce, andandosi a uniformare a quello del narratore.
- l’infodump, sempre in agguato: non ripeterò mai abbastanza che tutte le informazioni date al lettore devono essere funzionali alla storia. Nel caso dell’esposizione di un antefatto, se un personaggio parla del suo passato, ciò che ne trae il lettore deve essere utile per descrivere un tempo o un luogo, approfondire il carattere del personaggio stesso o di altri, o raccontare degli eventi che lo hanno portato lì.
- la ripetizione: se le informazioni utili alla comprensione della storia sono già state esposte tramite azioni, descrizioni, flashback e così via, far spiegare da un personaggio ciò che è successo può risultare ridondante.
Attenzione alla coerenza!
Qualunque siano il modo e il motivo per cui scegli di esporre l’antefatto, ciò a cui devi prestare maggiore attenzione è la coerenza: le azioni, i comportamenti e i dialoghi di ciascun personaggio vanno sempre a braccetto; l’evoluzione di un tempo, di un luogo, e di una cultura sono sempre interconnessi.
Se il protagonista racconta della sua infanzia felice trascorsa in una fattoria, non potrà, ad esempio, avere atteggiamenti schizzinosi o essere ossessionato dalla pulizia, a meno di non giustificarli in qualche modo (funzionale alla trama).
Hai ancora dei dubbi su come esporre l’antefatto? Scrivi a info@accademiadellascrittura.it, sapremo come aiutarti!