Per scrivere bene bisogna avere fantasia, empatia, determinazione e costanza, ma non solo: ci si deve anche attenere alle norme della lingua italiana, come abbiamo approfondito in questo articolo. Oltre alle regole che tutti conosciamo, però, c’è di più: quando ci si trova nella fase della correzione di bozze, infatti, vanno tenute a mente anche le norme redazionali.
Che cosa sono?
Anche dette norme editoriali, si tratta di convenzioni utili a uniformare il testo, oltre che nello stile, anche graficamente. Da non confondere con la grammatica e l’ortografia: quelle sono regole che non si discutono! Le norme redazionali sono stilate da ogni casa editrice o agenzia letteraria, e possono essere leggermente differenti l’una dall’altra.
Generalmente è un professionista che si occupa di rendere un testo uniforme, non solo scovando refusi ed errori, ma anche applicando le regole date dall’editore, dall’agenzia o da un suo personale vademecum. Questo non vuol dire, però, che l’autore debba ignorare l’aspetto della coerenza, anzi! Seguire delle norme costanti permette di produrre un testo “pulito”, facilitando non solo il lavoro dell’editor ma anche allenando chi scrive a farlo in modo ordinato.
A cosa fare attenzione
Ai refusi (cioè errori dovuti alla digitazione) e agli errori di grammatica e ortografia, naturalmente, ma anche:
al corsivo:
- si usa sempre per i titoli (di libri, film, opere d’arte, ecc…), ad esempio: Quella sera decisero di guardare Titanic mangiando popcorn.
- si usa sempre per termini stranieri di uso non comune, ad esempio: «Domani ho un meeting molto importante!».
- si usa sempre per dialoghi in lingue straniere, ad esempio: «Hi, how are you?», chiese John. «I’m fine, thank you», rispose Amanda.
- si può usare per enfatizzare una parola, ad esempio: La ragazza si fece determinata: sarebbe stato lui a perdere, questa volta.
- si può usare per indicare i pensieri di un personaggio, ad esempio: Non ci capisco più niente, pensò Serena.
al maiuscolo e al minuscolo:
- si usa sempre la lettera maiuscola a inizio frase dopo un punto, per i nomi propri, per gli stati e i continenti, per i periodi storici, per le correnti artistiche e letterarie, per le istituzioni.
- si usa sempre la minuscola per le nazionalità, per i titoli professionali, per i gradi militari, per i mesi dell’anno e per i giorni della settimana.
- si usa sempre la lettera maiuscola per indicare un luogo o un personaggio specifico, anche inventato, ad esempio: il Castello di Masino, il Re Vittorio Emanuele II.
- si può usare la maiuscola a propria discrezione per indicare un determinato personaggio o luogo relativo alla trama, ad esempio: Quella mattina, di buon’ora, il Generale andò in Paese.
alle sigle:
- per le quali si deve scegliere una forma e utilizzarla con costanza in tutto il testo, ad esempio: USA oppure Usa, FIAT o Fiat.
ai trattini:
- quello corto, detto anche congiuntivo, senza spazi prima e dopo, si può usare per unire parole composte, ad esempio: socio-economico, post-produzione, extra-profitto.
- quello lungo, detto anche disgiuntivo, si usa con gli spazi prima e dopo e serve per separare degli incisi all’interno del testo (in uno stile tipicamente anglofono), ad esempio: Adele si diresse a passo spedito verso la casa – e che casa! – incurante degli sguardi dei passanti.
alla D eufonica:
- è consigliabile usare nelle preposizioni solo quando la parola successiva comincia con la stessa vocale. Come spiega esaustivamente l’Enciclopedia Treccani, fanno eccezione:
- sequenze fisse come tu/lui/lei ed io, ad esempio, ad eccezione, fino ad ora, dare ad intendere.
- prima di un inciso, ad esempio: C’erano Maria, Francesco e – ecco la sorpresa – Erica.
- davanti all’h aspirata di parole o nomi stranieri, ad esempio: a Hannes.
- quando la parola successiva inizia con “ad” o “ed”, ad esempio: a adesso, e edera.
ai numeri:
- si scrivono in lettere a meno che si tratti di operazioni, misure e orari precisi, ad esempio: Ho trentadue anni, e sono nata alle 5:06.
alle date:
- per i secoli si devono usare i numeri romani, ad esempio: il XIX secolo; per indicare un periodo, però, si deve utilizzare il nome con l’iniziale maiuscola, ad esempio: l’Ottocento.
- il numero del giorno e dell’anno si scrivono sempre in cifre, mentre per il mese si può scegliere se usare il termine per esteso o il numero corrispondente.
alle virgolette:
- si distinguono in basse o caporali (« »), alte doppie (” “), e alte semplici o apici (‘ ‘).
Le virgolette si usano per i dialoghi e per le citazioni, ma si possono usare anche per i pensieri e per le espressioni inventate o metaforiche.
Si può usare qualunque tipo di virgolette per ciascun aspetto del testo, basta che sia fatto con coerenza e costanza. Ad esempio: «Ieri ho visto Luca, che mi ha detto: “Domani ci vediamo con Serena allo ‘schiacciatoio’, mi raccomando!”. Tu sai di che cosa parlasse?».
alla punteggiatura nei dialoghi:
- si mette solitamente fuori dalle virgolette, a meno che non sia legata al significato della frase stessa, ad esempio: «Voglio andarmene». «Te ne vuoi andare?».
- si può mettere dentro alle virgolette, anche se nell’editoria odierna si tende a scegliere la prima opzione.
A scanso di equivoci
Nei testi di narrativa, il grassetto e il sottolineato non vanno MAI utilizzati, mentre il tutto maiuscolo si può utilizzare con parsimonia a enfatizzare l’importanza di una parola (ancora più raramente, di un’intera frase). Nei manuali e nei saggi, il grassetto serve a evidenziare un concetto o una parola chiave. Rimane da evitare in ogni caso l’uso del sottolineato.
La forma del testo
Fanno parte delle norme redazionali anche quelle indicazioni relative all’aspetto che deve avere un testo, come l’interlinea (cioè lo spazio tra una riga e l’altra), la dimensione dei caratteri (di solito grandezza 12), il tipo di carattere, il formato dei paragrafi, e così via. Anche in questo caso, la parola d’ordine è coerenza, prestando molta attenzione alla leggibilità.
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