Immagina la tua vita: sei nato, sei cresciuto, e ora hai una tua personalità e degli obiettivi, ma domani? Chissà dove sarai in futuro, e con chi, e come ti comporterai.
Tutti noi compiamo un’evoluzione, che ci porta costantemente al cambiamento, sia positivo che negativo. Se fossimo personaggi di un racconto, si direbbe che, nel corso della nostra esistenza, compiamo un arco di trasformazione.
Per spiegare in modo chiaro il concetto, in questo articolo mi ispiro largamente al libro L’arco di trasformazione del personaggio di Dara Marks, 2007, Dino Audino Editore.
Che cosa significa?
Un arco di trasformazione è quell’insieme di modifiche che subiamo (e sulle quali lavoriamo anche attivamente) crescendo.
Allo stesso modo, un personaggio creato artificialmente deve affrontare delle sfide e degli eventi, durante lo svolgimento della trama, che lo formano e lo fanno evolvere, facendolo diventare, alla fine, diverso rispetto all’inizio.
Questo percorso è fondamentale, soprattutto per quanto riguarda i personaggi principali di una storia, che devono necessariamente avere un arco di trasformazione, anche minimo, per considerarsi tali.
Nell’articolo mi concentrerò in particolare sul protagonista, ma tutti i personaggi principali (quindi anche antagonista, aiutanti e oppositori) devono avere un arco di trasformazione.
Come detto, ognuno di noi attraversa dei cambiamenti nella vita, quindi per creare un arco credibile è necessario prima di tutto riuscire a guardare noi stessi con occhio critico.
L’esperienza personale
Ciò che ci rende unici tra otto miliardi di persone sono proprio le peculiari sfumature della nostra vita e della nostra esperienza personale, cioè la fonte d’ispirazione principale per creare personaggi credibili e la loro altrettanto credibile evoluzione.
Come sostiene la sceneggiatrice Dara Marks:
“Malgrado raramente una storia rifletta la diretta cronologia autobiografica della nostra vita, riflette sempre su ciò che conosciamo come vero. Deve essere così perché non conosciamo altro che questo.”
Vuoi saperne di più sul mestiere dello sceneggiatore? Ne abbiamo parlato in questo articolo!
Lo sviluppo del personaggio
L’obiettivo del protagonista è sempre quello di affrontare e risolvere il conflitto della trama principale, e quello dell’antagonista è di ostacolarlo.
Posti faccia a faccia, rappresentano uno lo specchio dell’altro, almeno all’inizio: poi, se da un lato il protagonista evolve in modo utile alla risoluzione del conflitto, superando i suoi limiti personali, dall’altro il suo rivale raramente impara dall’esperienza, o ne trae una conclusione sbagliata, e questo lo porta tipicamente alla sconfitta.
Attenzione! Anche nel caso di un protagonista negativo, o antieroe, la trasformazione attraverso la risoluzione di un conflitto interiore è necessaria e indispensabile per la buona riuscita di una trama.
Tieni sempre a mente che il cambiamento può essere sia negativo che positivo, l’importante è che ci sia.
Come abbiamo visto in questo articolo, il conflitto è alla base del cambiamento, e cambiare è un processo naturale a cui resistere è difficile, se non impossibile.
Perché proprio un arco?
Perché non una linea che va dal punto A al punto B? O ancora, perché non un cerchio, che ben rappresenta il viaggio dell’eroe?
Ebbene, l’arco simboleggia da un lato la scalata verso l’apice del cambiamento, con tutte le sue difficoltà, e, dall’altro, la discesa verso lo scontro finale, dove l’uso che il protagonista fa del cambiamento e indispensabile della risoluzione del conflitto.
Se, nella prima parte di una storia, sono le circostanze a guidare le azioni del protagonista, nella seconda egli prende attivamente parte alla trasformazione che sta avvenendo sia intorno a lui sia dentro di lui. Va ad applicare, insomma, ciò che ha imparato alla risoluzione del conflitto principale, permettendo alla trama di avanzare.
Una serie di dossi
La vita solitamente ha più l’aspetto di una sequenza di dossi, di alti e bassi, che di un arco.
Questo perché nella realtà non c’è un narratore che crea la struttura a tavolino, o che guida le azioni dei personaggi verso una precisa risoluzione. La realtà presenta troppe variabili che possono entrare in gioco in modo inaspettato, e un numero infinito di personaggi che, anche con una influenza minima, possono modificare il corso della nostra storia.
Sostiene Marks:
“Ogni conflitto è parte ci un continuum evolutivo che deriva da qualche parte nel nostro passato e ci conduce verso qualche nuovo luogo, schiudendoci le porte del nostro futuro. Perciò ci deve essere un percorso verso l’interno e verso l’esterno di questo arco che riproduce dove siamo stati e dove stiamo andando.”
I tre atti
L’arco di trasformazione del protagonista e l’evoluzione del conflitto principale vanno di pari passo.
Il conflitto interiore deve attraversare tutte le fasi della trama, avanzando con il susseguirsi dei tre atti:
- Nel primo atto il protagonista viene trascinato nel conflitto principale, ma lui non ne sa nulla: è la fase, nel suo arco, di partenza, caratterizzata dall’inconsapevolezza. Che cosa non sa? Ad esempio, di voler dare più spazio all’amore rispetto al lavoro, di avere dentro sé un coraggio inaspettato, o di essere pronto a tutto pur di sopravvivere. Non riconosce gli aspetti più profondi del suo essere. Rispetto al mondo esterno, magari non sa fare bene il suo lavoro, o che c’è una guerra alle porte, o che l’invito a casa di Taldeitali è la trappola di un killer.
Sempre Dara Marks ci spiega eloquentemente:
“[…] tutti gli elementi (nel I° atto, N.d.R.) del plot hanno a che fare con quello che il protagonista ignora.”
- La scalata verso la consapevolezza di ciò che il protagonista non sa culmina a metà del secondo atto, dopo la quale inizia la discesa: è ora che il personaggio utilizzi attivamente ciò che ha imparato fin qui grazie alla sua evoluzione. Lo scopo diventa risolvere il conflitto usando le nuove “armi” a disposizione, che vanno ricercate anche nel mondo interiore.
Il secondo atto
Il secondo atto è quello più carico di difficoltà, quello in cui si raggiunge il punto di rottura: o il protagonista è in grado di cambiare, o è destinato a soccombere.
Ad esempio, il protagonista potrebbe aver trovato una spada, ma rimangono dei dubbi: sarà in grado di usarla? In che misura? Saprà mantenere i suoi principi o li abbandonerà?
- All’inizio del terzo atto mentre la risoluzione del conflitto interiore è già avviata, il conflitto esteriore deve apparire irrisolvibile. Ma è proprio grazie alla realizzazione, da parte del protagonista, di essere una persona diversa, capace di azioni e scelte diverse, ad avviare anche quella risoluzione.
Sostiene Marks:
“[…] la funzione primaria dell’arco è quella di mostrare la diretta relazione esistente tra lo sviluppo interiore del protagonista e la possibilità di risolvere il conflitto.”
In conclusione
L’arco di trasformazione non è propriamente una tecnica da utilizzare per scrivere una trama efficace, quanto ciò che dovrebbe emergere da essa. Un’evoluzione ci deve essere sempre, anche se minima, e deve procedere di pari passo con il conflitto interno e quello esterno.
Hai ben chiaro l’arco di trasformazione del tuo protagonista? E degli altri personaggi principali? Se hai bisogno di consigli, richiedi una scheda di valutazione: sapremo aiutarti al meglio!
Foto di Eugene Zhyvchik su Unsplash