Nati per il cinema
I termini “high concept” e “low concept” sono diffusi ormai anche in ambito letterario, ma nascono in quello cinematografico.
Tra gli anni ’70 e ’80 questa suddivisione si diffonde negli Studios di Los Angeles: la proposta per un nuovo film è considerata high quando può essere raccontata in meno di quaranta secondi, è immediatamente comprensibile e colpisce la casa di produzione per la sua semplicità ed efficacia.
Di conseguenza, emerge la speculare idea di low concept, quando una trama è complessa e viene portata avanti dalle relazioni tra i personaggi anziché dall’azione, con sfumature e dettagli non sintetizzabili in poche frasi.
Sette caratteristiche high concept
Una storia high concept, dunque, deve essere semplice, intrigante e portata avanti dall’azione.
Secondo l’autore Jeff Lyons, deve avere sette caratteristiche di base:
- Deve intrattenere, ovvero far trascorrere del tempo in modo piacevole.
- Deve essere originale, se non nell’idea almeno nell’approccio.
- Deve nascere dalla domanda: e se?
- Deve avere un impatto visivo, anche se solo nella mente del lettore.
- Deve avere un focus emotivo chiaro, un’emozione dominante (gioia, paura, meraviglia, e così via).
- Deve avere caratteristiche uniche.
- Deve piacere alla massa, al grande pubblico, al di là del genere letterario.
Non tutte le storie hanno queste sette qualità, ma più ne possiedono, più l’idea di base può essere considerata high concept.
E se…
Nel cinema si indicano come high concept sostanzialmente tutti i blockbuster, i film che rappresentano puro intrattenimento. Questo tipo di storie, infatti, nascono dalla domanda: e se?
- E se riuscissimo a riportare in vita dei dinosauri?
- E se gli alieni volessero conquistare la terra?
- E se qualcuno facesse un grave torto a un mercenario in pensione?
In letteratura, l’idea di riassumere una trama in poche righe potrebbe non andare a genio a molti autori. Eppure, proprio da quanto brevemente si riesce a riassumere un romanzo si capisce la potenza dell’idea di fondo.
- E se uno scienziato desse vita a un corpo composto da parti di diversi cadaveri?
- E se esistesse una scuola per maghi nascosta agli occhi di tutti?
- E se indizi per l’ubicazione del Santo Graal fossero celati in diverse opere d’arte?
Per produrre un’idea high concept, quindi, bisogna essere in grado di ridurre la trama a qualcosa di incisivo ed esprimibile in poche parole: prendendola come un esercizio, questa pratica può aiutare un autore a essere più consapevole di quello che vuole scrivere, individuandone il vero punto di forza.
Inoltre, è bene tenere a mente che nell’high concept ogni sequenza è legata alle altre in un rapporto di causa-effetto: non è possibile modificare un punto senza avere ripercussioni su tutto il resto.
Abbiamo parlato del legame causa-effetto in questo articolo!
Tre caratteristiche low concept
Un’idea low concept:
- Non è semplice da raccontare.
- Parla di relazioni e della vita di tutti i giorni.
- È portata avanti dai personaggi.
In questo caso si “drammatizza un’idea”. Succedono cose, ma ne potrebbero succedere altre. Si fanno delle scelte, ma se ne potrebbero fare altre ottenendo lo stesso risultato. Nelle storie low concept normalmente sono presenti diversi subplot, cioè vicende legate ad altri personaggi ma che ruotano intorno all’idea centrale.
Molti romance, ad esempio, sono low concept, perché parlano di amore, di amicizia, di legami interpersonali e di come questi influenzano la vita dei personaggi: è possibile immaginare che, anche se le cose non fossero andate esattamente come raccontato, i protagonisti avrebbero potuto compiere scelte diverse ma altrettanto valide.
Le trame di queste storie non sono portate avanti dall’azione, bensì dai personaggi: la loro personalità è al centro della trama, e dalle loro decisioni e reazioni dipende lo svolgimento della vicenda. Il racconto low concept ha generalmente un tono più riflessivo e un ritmo tranquillo, non concitato, anche quando la posta in gioco, nel contesto della trama, è alta.
Quando?
In questo caso vengono poste domande profonde e complesse, che difficilmente possono scaturire dalle parole: e se? A mio parere, il punto qui non è se, ma quando. E la questione non è generica (non riguarda la terra, l’umanità, la comunità) ma strettamente personale.
- Quando diventerò adulto riuscirò a ottenere l’indipendenza?
- Quando troverò l’amore della mia vita?
- Quando raggiungerò quella che io chiamo felicità?
Due facce della stessa medaglia
High e low concept non sono opposti, ma sono due facce della stessa medaglia. Una tipologia di storia non è meglio dell’altra, e il panorama dell’immaginazione umana non è suddivisibile in due semplici categorie.
Sono, piuttosto, due estremi di uno spettro di possibilità: da un lato, la storia tutta azione e zero personaggi; dall’altro, quella tutta personaggi e zero azione. Come è facile intuire, nessuna delle due rappresenta l’ideale narrativo, tutto dipende dal tipo di storia che vogliamo raccontare.
Conclusioni
Questa terminologia nasce dal mondo del cinema con lo scopo di individuare immediatamente il valore di mercato di un’idea. Dopotutto, produrre un film con una trama high concept significa avere la certezza che venderà bene, perché si tratta di un’idea intrigante, semplice e che piace alla massa. Questo toglie valore alle idee low concept? Assolutamente no.
Come abbiamo visto, si tratta di due concetti differenti: se il mercato contenesse solo uno o l’altro risulterebbe saturo e ripetitivo. Invece è formato da sfumature di high e low: trame guidate dall’azione ma che si prendono il tempo di caratterizzare i personaggi, e trame guidate dai personaggi che vengono coinvolti in una serie di azioni entusiasmanti.
A meno che non si voglia cercare di vendere un soggetto a Hollywood, quindi, non è necessario catalogare un’idea come high o low. È bene concentrarsi, piuttosto, sullo scrivere una storia unica, ben sviluppata, con personaggi definiti in cui il lettore si possa immedesimare. Ma essendo due mondi narrativi, è utile conoscerli e capire che cosa fa tendere una trama verso l’high concept o il low concept, soprattutto quando ci si trova a doverla raccontare ad altri. È un esercizio che, come abbiamo visto, aiuta a sviscerare un’idea, trovando i suoi punti di forza – da esaltare al massimo – e i suoi punti deboli – sui quali poter intervenire.
Prova a riassumere la trama del tuo romanzo nel minor numero di parole possibile, riducila all’osso e scrivila qui sotto nei commenti!
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Foto di Florencia Viadana su Unsplash